Quando si parla di Gabriele d’Annunzio, il rischio è quello di restare intrappolati nello stereotipo: il poeta esteta, il seduttore, l’uomo del gesto e dell’eccesso. Edoardo Sylos Labini, invece, torna a incarnare il Vate con la consapevolezza di chi lo frequenta da una vita. Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile non è solo uno spettacolo teatrale, ma il risultato di un dialogo artistico che dura da oltre dieci anni.

Attore, drammaturgo e conduttore televisivo, Sylos Labini ha dedicato una parte significativa della propria carriera a d’Annunzio, interpretandolo in teatro e sul piccolo schermo, anche in luoghi simbolici come il Vittoriale degli Italiani. In scena al Teatro Greco di Roma dal 16 al 21 dicembre, lo spettacolo scritto con Angelo Crespi, accompagnato dalle musiche dal vivo del maestro Sergio Colicchio, dalla voce di Stella Gasparri e impreziosito da una suggestiva installazione di Marco Lodola, restituisce in un’ora intensa e senza intervallo tutta la complessità di uno dei personaggi italiani più conosciuti e discussi al mondo.
1. La conoscenza profonda e l’immedesimazione di Edoardo Sylos Labini
Il primo motivo per cui vale la pena vedere questo spettacolo è la conoscenza profonda e stratificata che Edoardo Sylos Labini ha di Gabriele d’Annunzio. Dieci anni di interpretazioni hanno trasformato il Vate in una sorta di “seconda pelle” per l’attore romano.
Questa lunga frequentazione emerge chiaramente in scena: la recitazione restituisce non solo un’evidente immedesimazione, ma anche un’ammirazione dichiarata, quasi un desiderio di identificazione. Sylos Labini non giudica d’Annunzio né cerca di assolverlo o condannarlo: lo attraversa, lo racconta e lo restituisce al pubblico con rispetto, consapevole delle sue contraddizioni e della sua irriducibile grandezza.
2. Un ritratto analitico costruito tra lettere, poesia e ricostruzione storica
Il secondo motivo risiede nella qualità analitica del ritratto che lo spettacolo costruisce. Il testo attinge alle lettere e alle opere di d’Annunzio, mettendole in dialogo con la voce fuori campo di Eleonora Duse, che accompagna lo spettatore in un percorso intimo e insieme storico.
La narrazione segue una ricostruzione cronologica precisa: dal periodo romano, in cui il giovane poeta scala i circoli dell’aristocrazia grazie al talento e alla sua arte di seduttore, al mondo del teatro, fino al “teatro della vita”. Qui si susseguono le grandi gesta eroiche, la Grande Guerra e l’impresa di Fiume, raccontata come tentativo visionario di governo ideale, in cui d’Annunzio mette gli artisti al centro del potere.
3. Il ritratto di un uomo che ha vissuto in anticipo il proprio tempo
Il terzo motivo è la ricostruzione storica di un uomo capace di vivere in anticipo il suo tempo. D’Annunzio intercetta i movimenti culturali e politici della sua epoca, li cavalca con lucidità, ma è anche capace di prenderne le distanze quando questi si allontanano dai suoi ideali.
Attraverso riferimenti al suo pensiero politico e alla Carta del Carnaro — documento di straordinaria modernità — emerge un d’Annunzio meno ideologico e più visionario, spesso ridotto a caricatura. Uno sguardo che invita lo spettatore ad andare oltre i luoghi comuni e a riflettere sul rapporto tra arte, potere e responsabilità individuale.
In conclusione
Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile è molto più di uno spettacolo biografico: è il racconto di un incontro artistico durato una vita. Edoardo Sylos Labini porta in scena un d’Annunzio vivo, contraddittorio, affascinante e scomodo, restituendogli complessità e profondità.
Un’ora travolgente, senza intervallo, capace di coinvolgere chi d’Annunzio lo ama già e di sorprendere chi crede di conoscerlo solo per sentito dire.
