Un’esperienza sensoriale e realistica della guerra firmata Alex Garland e Ray Mendoza (dal 21 agosto al cinema).

Perché vale la pena vederlo?
1. Una guerra raccontata da chi l’ha vissuta
Il film nasce dai ricordi di una reale operazione dei Navy SEAL americani a Ramadi, in Iraq, nel 2006. Ray Mendoza – ex SEAL e co-regista – ricostruisce gli eventi senza mitizzarli, raccogliendo testimonianze dirette e trasformandole in un’esperienza cinematografica onesta e viscerale. Ne emerge una narrazione che restituisce la complessità e il peso umano del combattimento, lontana da ogni retorica patriottica.
2. Immersività totale: come trovarsi sul campo di guerra
Girato in tempo reale con lunghi piani sequenza, scenografie ultra-realistiche e un design sonoro pensato per trasportare lo spettatore nel cuore dell’azione, il film fa vivere sulla pelle il disorientamento, la tensione e la paura. Gli attori – sottoposti a un intenso addestramento in stile SEAL – non sembrano recitare, ma sopravvivere.
3. Una riflessione potente sulla guerra urbana
Pur raccontando un’operazione dell’esercito americano, Warfare – Tempo di guerra evita qualsiasi celebrazione e mostra, con estrema lucidità, quanto ogni missione – anche per l’esercito più addestrato del mondo – diventi imprevedibile e pericolosa quando si opera in ambienti urbani. In queste situazioni, distinguere il nemico dai civili diventa quasi impossibile, e ogni angolo può nascondere una trappola. È proprio in questo contesto che il film mostra le reali difficoltà operative condivise da tutti i militari, indipendentemente dalla bandiera.
